Non sembra, ma questo blog esiste solo da un anno. Perchè non sembra? Perchè il nome Vendetta Uncinetta mi accompagna in realtà dalla fine del 2011. Allora mi fu chiesto di trasformare la mia rubrica Aristocraft, che già avevo dal 2010 sul portale Condè Nast Style.it e in cui selezionavo oggetti provenienti da Etsy, in un blog professionale dedicato alla nuova attenzione per la manualità.In tempo di internet sembrano secoli fa ed in effetti credetemi, tutto era completamente diverso (ci credete? Non esisteva neanche Pinterest).
Sono stata sempre appassionata di connessioni, capire il perchè certe cose, colori, voglie e stili nascono proprio in un certo momento, era il mio lavoro principale, da stilista. Con questa passione, scrivevo già su Glamour.it dal 2007 (il primo articolo in Italia uscito sul web sullo yarn bombing e la Knitta crew è mio!) e mi ricordo ancora quando, piena di passione, telefonai alla mia direttrice di allora cercando di convincerla che c’era bisogno di una rubrica di consigli di shopping diverso, in cui si parlasse delle tante ragazze che avevano cominciato a creare e vendere da sole, senza intermediari, oggetti meravigliosi, creando un circuito alternativo da tutti i punti di vista.
Mi ero accorta di questo movimento per la mia curiosità malata e la rete di creative internazionali conosciute su Flickr ma anche tramite le Blythe Dolls, collezionate spesso da fotografe, grafiche, illustratrici, stiliste, creative ed outsiders in genere di tutto il mondo (sapete che sono nate nel 1972 dai disegni di Margaret Keane, quella di “Big Eyes”?).
Insomma, raccontai alla direttrice di Style che Etsy (allora un nome sconosciuto praticamente a tutti) era un portale dedicato solo a questo tipo di commercio e che era diventato tra i 5 più importanti siti a livello mondiale, quindi non si poteva, davvero, più parlare di vecchiette e presine e che lei, che loro dei magazine web nazionali, non potevano non dare spazio a questa tendenza. Praticamente ero al telefono roteando il pugno e con le fiamme che uscivano dal petto, mi ci vedete?
Bhè, la convinsi.
Nacque, appunto, Aristocraft nel 2010, un neologismo di mia invenzione che voleva dare l’idea del “meglio dell’handmade”.
Ogni settimana selezionavo oggetti in vendita su Etsy provenienti da tutto il mondo, legati ad un tema preciso. Fu così che entrai in contatto con le prime crafter italiane, (come Ylenia Tagliafraschi o Pollaz, di cui volevo pubblicare un suo guanto da forno per il tema “mostri” e che mi rispose in partenza per la Grecia) che allora erano pochissime, si conoscevano e supportavano tutte ed erano collegatissime a livello internazionale. Erano tutte un po’ sparute, diverse e un po’ diffidenti: nessuno dei loro amici poteva capire, conoscevano più la Renegade Craft Fair che il centro commerciale della loro città, tutte venivano prese per matte (se pensate che succeda anche oggi, immaginate allora) e la rete, davvero, era una necessità per non sentirsi troppo isolate. Poi io arrivavo presentandomi come “una che scrive su Style.it”, portale super mainstream: il male, praticamente. Le prime mail, anche se incredule (tu davvero vuoi pubblicare su Style.it il mio pupazzo?) erano un po’ diffidenti (cosa vuoi capire tu fighetta che scrivi di noi solo perchè pensi sia di moda?)…in realtà io ero lì, davanti alla tastiera, che avrei voluto abbracciarle tutte, battergli dei gran 5 altissimi e dirgli che ero IO a sentirmi finalmente in un mondo che capivo del tutto e di cui sentivo tutto il valore e giustizia.
Il 2011 lo apro pensando che sarebbe stato un anno cruciale (non so voi ma da allora mi è successo a tutti i Capodanni). In estate dico di no ad una collaborazione come designer che era diventata enormemente frustrante ma che mi dava il 75% del fatturato annuo, senza avere idea di come l’avrei sostituito (mai stata brava a far di conto, io). Mi ricordo ancora che al ritorno da quel rifiuto, in macchina, piansi senza motivo, cantando canzoni sceme (sarà stata qualche roba innominabile pop anni ’80) e al telefono con il mio compagno, emozionatissima, dissi che sapevo mi sarebbe successo qualcosa di bello…una pazza sull’A14.
Ad Agosto scopro che in autunno si sarebbe tenuto, a Berlino, il primo convegno mondiale di Etsy. Ho pensato che era un segno e sono partita, con un’amica: due giorni di persone meravigliose di tutto il mondo che raccontavano la loro esperienza imprenditoriale, esperti di finanza che ci dicevano che bisognava fare il fatturato di pochi in molti e che stava funzionando, zuppe a km zero e bagni con saponi artigianali: un mondo parallelo. Mi sentivo come ubriaca, parte di qualcosa di immenso: attacco bottone con tutti e torno con una motivazione granitica.
Nel frattempo scopro che a Bergamo è nato il Band Loch Markt, il primo mercatino in Italia creato solo per le autoproduzioni, tutto si sta muovendo, sotterraneamente ancora, nella stessa direzione.
Mi telefona la direttrice di Style e fa: “Abbiamo scoperto che tra le 100 parole più googlate, tolto porno e celebrities, c’è uncinetto e punto croce”. Porno, celebrities ed uncinetto, una partenza perfetta: mi sono messa a ridere, finalmente se n’erano accorti. Aristocraft va in pensione e nasce il mio blog professionale sul portale, Vendetta Uncinetta, un nome che non avrei mai pensato avrebbero preferito (perchè trooooppo scemo) dalla lista di proposte che avevo presentato.
Era novembre 2011.
Mi lasciano carta bianca: intervisto crafters ed artiste per ispirare al cambiamento altre, recensisco siti web utili per chi vuole mettersi in proprio, seleziono tutorials immediati per creare qualcosa di facile e contemporaneo, metto in comunicazione persone che penso possano aiutarsi imprenditorialmente.
Nel frattempo uncinetto senza pietà, nasce il mio brand Gaia6Gattini, una vera valvola di sfogo, e metto in piedi una lecture, “The Handmade Revenge”, per tracciare un minimo di filo storico e culturale del movimento…ancora una volta, la necessità di capire il perchè delle cose.
Vendetta Uncinetta mi fa conoscere pian piano tutta la neonata scena handmade italiana, la mia empatia si spalma su testi, mail e social networks, l’auto ironia, sentimento spesso mancante nella scena giornalistica e artigianale tradizionale, diventa la caratteristica principale della mia pagina.
Una cammino in cui per me i corsi di aggiornamento sono stati i confronti con chi fa il mio mestiere, in cui hanno contato più telefonate e skype call che indagini di mercato, buon senso ed empatia più che Analytics e Seo.
Nascono amicizie profonde e collaborazioni con altre blogger e creative, prendo mille treni e ancor più vicoli ciechi, ma ci sta tutto, sto cucendomi addosso, a tentoni, una professione che non esiste e che non so come spiegare.Non (solo) crafter, sicuramente non giornalista, non (solo) blogger.
Qualcosa di certo c’è: mi trovo ad essere l’unica blogger senza un vero blog, ed è sempre più difficile da spiegare e gestire.
L’esposizione mediatica comincia a crescere e nel novembre 2013 arriva una mail che penso sia uno scherzo: mi viene proposto di fare un libro, l’editor di Feltrinelli e Gribaudo non sa nulla dell’handmade, io arrivo a Milano con una ricerca fatta da me sulle ragazze che appartengono al target che conosco, come comunicano, che foto guardano, che grafica ed illustrazione amano: voglio essere sicura che siamo in linea, altrimenti non ha senso.
Rimangono impressionate e rassicurate, si parte. Il libro nasce in un mese e mezzo e penso che sarebbe stata la prima occasione editoriale italiana per far uscire allo scoperto la scena delle crafters nostrane: mi faccio mandare oggetti dalle Babbionz, Pollaz, Ohioja, Coki Milktoothrain…voglio dare visibilità a tutte perchè da soli non si va da nessuna parte ed il mio è un atto di gratitudine, stima e rispetto: voglio essere un tramite, utilizzare la mia acquisita e fortuita popolarità per raccontare che c’è ben altro da scoprire e che è una meraviglia.
I tempi sono maturi, dopo mille ritardi ed ennesimi vicoli ciechi, nasce a gennaio 2014 il mio blog ufficiale, quello da cui vi scrivo, una vera punta di iceberg di tutto quello che gli ha dato vita: metto insieme tutorial solo miei, interviste, spazio agli illustratori, video e scaricabili.
Nel frattempo nascono le prime collaborazioni importanti e creo ad Ancona il WeekenDoIt, il festival del fare, perchè mi rendo conto che tutti gli eventi in Italia legati all’ handmade sono principalmente di vendita, quando invece c’è bisogno di imparare e specialmente di confrontarsi: messo su in neanche due mesi con un gruppo di persone fantastiche, trova supporto della comunità diy in tutta Italia, quest’anno mi aspetta la seconda edizione.
Vendetta Uncinetta compie un anno in questi giorni ma, per una volta è un complimento, ne dimostra molti di più. Grazie a tutti voi che mi riempite occhi e cuore ogni giorno e non arrendetevi, la strada è giusta.
PS: la rubrica Aristocraft nel frattempo è rinata come una fenice, con lo stesso intento ma sulla carta stampata: la trovate da questo mese in edicola su Peggy Journal.