Avevo vent’anni, facevo l’università e ogni giovedì tutte le mie compagne di casa lo sapevano, c’era Twin Peaks e la tv era mia. Mi sedevo per terra, spegnevo la luce e, da sola o con chi passava da casa nostra rimanevo muta, con le orecchie tese e gli occhi sgranati, praticamente un’unica macchina recettiva.
Non mi potevo perdere una frase, un rumore, un’immagine, perchè un dettaglio poteva voler dire tutto oppure, il più delle volte, assolutamente niente ma era comunque meraviglioso.
Era la prima volta in assoluto che guardavo un prodotto televisivo in cui i dettagli, i personaggi, le ambientazioni erano prima di tutto oggetti di fascino prima ancora che elementi di una trama, qui del tutto secondaria (e per me confusissima). Guardavi la puntata a bocca aperta, intercalando un “Nooo” o un “Uuuhhh” ogni tanto, eccitata non per aver finalmente afferrato il bandolo della matassa ma semplicemente incredula che qualcosa del tutto inaspettato potesse ancora accadere. Una serie, la prima, in cui i personaggi erano già rockstar dalla prima puntata, quella principale addirittura da morta.
Tutto a Twin Peaks sembrava lucido come dopo una giornata di pioggia e minaccioso e perverso senza mai esplicitare davvero nulla. Da allora David Lynch diventò il mio idolo ed andai a cercarmi tutta la sua filmografia (altro che streaming, c’erano ancora le videocassette!).
Ma il personaggio che davvero adoravo (se non contiamo la cotta mai sopita per l’agente Dale Cooper ed il suo fanciullesco e commovente entusiasmo per le torte di ciliegie) era lei, the Log Lady, la signora del ceppo.
The Log Lady nella serie rappresentava il deus ex-machina, uno spirito libero che portava soluzioni ma anche dubbi: assolutamente alienata ed enigmatica, saggia in modo ermetico, viveva in un invidiabile mondo tutto suo fatto di maglioni jaquard, camicie scozzesi e kilt. Il suo miglior amico non era un cane o un gatto come ci si aspetterebbe, ma un ciocco di legno, un oggetto inanimato a cui dava anima, pensieri e preveggenza.
L’idea di vivere in un mondo proprio, di chiudersi all’esterno anche a costo di sembrare strani ed eccentrici e di parlare con gli oggetti (assieme ovviamente al feticismo da me condiviso per Fairisle e camicie di flanella), negli anni ha fatto del personaggio, a dir il vero poco più che un’apparizione nella serie tv, una vera icona pop per illustratori, creativi e crafters di tutto il mondo.
Catherine E.Coulson, l’attrice della serie e professionista con cui David Lynch collaborava da anni (fu anche assistente regia per Eraserhead), ci ha lasciato circa un mese fa per malattia, troppo presto e proprio ora che si aspetta il seguito della serie.
Per commemorare Catherine, l’account ufficiale di Twin Peaks su Instagram ad ottobre aveva lanciato l’hashtag #logtober, in cui chi voleva poteva postare una foto a tema signora del ceppo: considerando la popolarità della serie, poche persone hanno partecipato, ma the Log Lady non si è mai preoccupata di essere popolare numericamente (ed è proprio per questo forse che è diventata l’icona che conosciamo). Arrivederci Catherine!
PS il mio maglione FairIsle è stato fatto a mano da Eva Owl sul pattern di Anna Maltz che trovate su Ravelry.